IL CAPITALISMO
LA SOCIETÀ CAPITALISTICA
ORIGINI DEL CAPITALISMO
Il capitalismo vero e proprio ebbe origine in Inghilterra alla fine del '700 con la Rivoluzione industriale.
Ma le radici del capitalismo risalgono alla seconda metà del XV secolo, quando l'intensificarsi degli scambi commerciali, aveva determinato la nascita di una nuova classe sociale che era riuscita ad accumulare capitali grazie al commercio. In questo periodo banchieri e commercianti iniziarono ad investire i propri capitali nell'acquisto di materie prime, la cui lavorazione era affidata ad artigiani che operavano nelle loro case, sotto il loro diretto controllo.
CARATTERI DEL CAPITALISMO
I caratteri fondamentali del capitalismo furono:
- la proprietà privata dei mezzi di produzione;
- il ruolo centrale del capitale, cioè di una ricchezza che non viene consumata o tenuta improduttiva, ma viene investita nei processi produttivi generando un'ulteriore ricchezza;
- la nascita della fabbrica che dà lavoro a tantissimi operai;
- la diffusione del lavoro salariato con il quale i lavoratori mettono a disposizione il proprio lavoro a favore delle aziende in cambio di una retribuzione;
- l'applicazione di processi produttivi altamente meccanizzati;
- la crescita dei mercati nei quali vendere i prodotti ottenuti dalla industrie.
CLASSI SOCIALI
Durante il capitalismo le classi sociali erano sostanzialmente tre:
- i capitalisti, ovvero coloro che deteneevano il capitale da investire nei processi produttivi e che decidevano cosa e come produrre;
- il proletariato, costituito dai lavoratori che prestavano la propria opera nelle fabbriche e ricevevano in cambio un salario;
- i proprietari terrieri, in genere nobili, che ricevevano un compenso dalla concessione in uso delle loro terre ai capitalisti.
I nobili non erano più al vertice della scala sociale, ma questo posto era ormai assunto dai capitalisti: borghesi che investivano le loro ricchezze nelle attività imprenditoriali.
Il ruolo meno importante nella scala gerarchica era del proletariato.
DIVISIONE DEL LAVORO E SPECIALIZZAZIONE
Sono questi gli anni in cui si iniziò ad applicare nelle fabbriche la divisione del lavoro: l'attività produttiva veniva divisa in tante fasi, ognuna delle quali era affidata ad un lavoratore o ad un ristretto gruppo di essi.
Ciò portò ad una specializzazione del lavoro, cioè a migliorare le proprie competenze, poiché venivano eseguite un numero limitato di lavorazioni e a velocizzare la loro esecuzione aumentando, di conseguenza, la produttività.
Il principio della divisione del lavoro è stato sostenuto dal taylorismo e dal fordismo.
Con il termine di taylorismo si intende una teoria organizzativa che fa capo a Frederick W. Taylor e che affermò la necessità di organizzare in maniera scientifica il lavoro: agli operai devono essere assegnati compiti semplici e ripetitivi, tali da poter essere svolti nei tempi prefissati. Le teorie del Taylor furono applicate attraverso l'impiego della catena di montaggio.
Il termine fordismo viene dal nome di Henry Ford, costruttore di automobili, che impiegò la catena di montaggio e riuscì ad effettuare la produzione della Ford in serie su larga scala.
CONDIZIONI DI VITA DEI PROLETARI
Le condizioni di vita dei lavoratori, nel periodo della Rivoluzione industriale, erano pessime: non esisteva alcun tipo di assistenza, le condizioni igieniche nelle fabbriche erano inaccettabili, i turni di lavoro erano lunghi, venivano largamente impiegati il lavoro minorile e quello femminile.
La prima legge a tutela dei proletari si ebbe in Inghilterra nel 1802. Essa riduceva gli orari di lavoro e imponeva il rispetto di alcune norme igieniche all'interno delle fabbriche.
Sempre in Inghilterra, intorno al 1822, sorse un movimento di protesta denominato luddismo, dal nome del suo presunto leader Ned Ludd, della cui reale esistenza non si è certi. Tale movimento fu artefice di atti violenti, come la distruzione di macchine impiegate nelle fabbriche.
Dopo la metà del 1800 nacquero i primi sindacati, le società di mutuo soccorso e i partiti politici.